📌 18 Luglio 2021

Domenica scorsa, come tanti, anche io e Andrea stavamo guardando (incollati alla tv) la finale europea Italia- Inghilterra giocata a Wembley. Premetto che né io né lui siamo mai stati amanti del calcio; ma nonostante questo, due minuti dopo l’inizio della partita, quando Shaw ha segnato nella porta azzurra, ho visto Andrea rabbuiarsi. E più i minuti passavano senza alcun risultato, più lui si agitava e innervosiva.
E così ho pensato a due cose: la prima è quanto la nostra visione dei fatti sia diversa (ma questo lo sapevo già 😂: io più ottimista, lui pessimista ma ahimè, spesso anche realista). La seconda è quanto, in fondo, il suo nervosismo in quella situazione era giustamente condiviso da tantissimi italiani, appassionati storici del pallone ma anche tifosi occasionali.
E quindi viene da chiedersi se, quando si parla di nazionale, una vittoria calcistica sia veramente soltanto calcistica, o se ci sia di più: che so, un sano patriottismo o forse questioni politiche..? In fondo non c’è niente di quello che accade nel mondo che non sia collegato a tutto il resto. E forse è questo il motivo per cui competizioni del genere piacciono tanto a tutti.

Comunque, tra un sospiro e l’altro, i nostri commenti giravano spesso intorno a quanto l’atmosfera in campo fosse pesante per i nostri. Più volte Andrea ha evidenziato come l’aspetto psicologico sia fondamentale per riuscire a condurre fino alla fine una partita del genere. Così ho pensato a quanto i giocatori, quando perdono, devono essere in grado di affrontare la situazione senza abbattersi, e a quanto (viceversa) sia importante saper “amministrare” la partita anche quando la squadra è in vantaggio.
E mi è sembrato un buono spunto da condividere con voi. La pratica di qualsiasi sport infatti mette in campo diversi aspetti mentali, che diventano ancora più complessi negli sport di squadra. Così, anche la psicologia può dire qualcosa sul calcio, senza la pretesa di interpretarlo, ma suggerendo un punto di vista un po’ diverso da dove osservare lo sport del pallone.

👉🏼 L’importanza della mente nello sport in generale è talmente grande che esistono figure professionali specializzate: gli psicologi dello sport. In una società calcistica, questi psicologi lavorano sugli atleti in sinergia con lo staff tecnico (formato da allenatori, preparatori, nutrizionisti, massaggiatori e ovviamente il commissario tecnico).
Il loro lavoro è quello di confrontarsi con il CT e di decidere insieme a lui se e come intervenire: il commissario tecnico infatti potrebbe richiedere allo psicologo interventi per migliorare l’autostima e l’autoefficacia degli atleti (di un singolo o dell’intero gruppo), oppure interventi per imparare a fronteggiare l’ansia da prestazione (pensate ai rigori decisivi di una finale!), o ancora per gestire i cali di concentrazione, lo stress e le pressioni emotive che naturalmente insorgono in ogni competizione, specie quelle più importanti. Senza dimenticare poi la presenza del pubblico, soprattutto quando è molto rumoroso e partecipativo: costringe l’atleta a saper mantenere il controllo di se stesso, senza aizzare né provocare i tifosi.

👉🏼 Ma fermiamoci un attimo sui calci di rigore. Il giornalista Paolo Condò scrisse: «un calcio di rigore è un duello di freddezza, precisione e psicologia». Niente di più azzeccato. Cercare di controllare le mosse del portiere al momento del tiro (chiedendosi: cosa farà? Si butterà o resterà al centro della porta?) significa prevedere anche la possibilità di sbagliare, e questo genera paura. Inutile dire che la paura non é un sentimento che permette al corpo di muoversi in modo efficace. Per questo motivo la situazione “emotiva” del calcio di rigore deve essere gestita prima del tiro, e non durante. Quando un atleta sta per calciare, dovrebbe esistere solo il momento presente e la prestazione, mentre andrebbero esclusi giudizi o distrazioni che portano lontano da quel momento.
👉🏼 In psicologia dello sport, fare questo si chiama allenamento ideomotorio. Significa: allenare la mente perché possa permettere al corpo di muoversi senza ostacoli inutili, come pensieri non pertinenti o problemi irrisolvibili. Alcuni atleti hanno queste qualità in forma innata, altri le costruiscono e le allenano.

👉🏼 E adesso un po’ di storia. Gli allenatori italiani che hanno spinto di più sull’inserimento dello psicologo sportivo nelle squadre di calcio sono stati Arrigo Sacchi e Franco Scoglio. ⚽ Sacchi durante la preparazione della Nazionale Italiana ai Campionati del Mondo del 1994 chiese al suo psicologo sportivo di studiare il profilo psicologico di ciascun atleta, per comprendere quali fossero i calciatori ai quali poteva dare più informazioni contemporaneamente senza che si confondessero e quelli, invece, per cui era più efficace fornire un numero minore d’indicazioni. ⚽ Scoglio invece riteneva che il calcio dovesse essere composto da: 47% di tecnica, 30% di condizione fisica e 23% di psicologia. Profeticamente, disse anche che l’importanza del fattore psicologico nel calcio sarebbe stata destinata a crescere vertiginosamente.

👉🏼 In effetti il calcio è uno sport (come molti altri) in cui non basta la preparazione fisica, ma che richiede di essere pensato: serve anche creatività nell’inventarsi un assist, intelligenza per studiare bene un tiro, capacità mentale di giocare d’anticipo le mosse strategiche. E in più è uno sport di gruppo, e perciò implica la capacità di intendersi con i compagni di squadra e di sapersi adattare alle loro esigenze. Proprio a questo proposito la rivista francese Équipe ha scritto, in riferimento alla vittoria italiana dell’Euro 2020:
«è il trionfo di una mentalità, di una riflessione, che ricorderà alle squadre che forse se lo sono scordato che il collettivo è al di sopra di tutto, e che anche con un attacco di un calibro internazionale così debole ci si può risvegliare un lunedì mattina di luglio con una magnifica corona sulla testa».

👉🏼 Chiudo ricordando come tutta questa parte psicologica del calcio riguardi non solo chi lo gioca, ma anche chi lo tifa. La capacità di apprezzare la tattica e la strategia di gioco, e la capacità di accettare una sconfitta con umiltà e decoro sono tutte cose che fanno la differenza tra il tifoso maturo e quello che non lo è, e che vuole solo la vittoria (ottenuta con qualsiasi mezzo). E gli inglesi su questo hanno mostrato, ahimè, una grossa caduta di stile.
@ G. Manoni