📌 04 Aprile 2021

E così anche quest’anno ci siamo ritrovati a festeggiare la Pasqua con tutte le limitazioni del caso. Ma quest’anno non c’è solo la difficoltà di prevedere come andranno le cose e la paura dei contagi. Quest’anno c’è anche un malessere, un malumore, quasi l’amarezza di uno stato di isolamento e di “distanziamento interpersonale” che dopo più di un anno pesa davvero.
👉🏼 Facciamoci caso. Fino a poco tempo fa, quando il covid non esisteva, l’idea del “ritorno alla normalità” era un idea semplice, che usavamo per indicare la fine di un’esperienza straordinaria. Ritornare alla normalità voleva dire perlopiù tornare in città dopo le vacanze estive, rientrare a scuola o al lavoro, in una parola tornare alla quotidianità. E in molti casi non era qualcosa di desiderato, anzi. “Poi la normalità non è stata più la stessa”, dice Francesco Cardinali, docente presso l’Università degli studi di Macerata.
C’è chi dice che la Pasqua dovrebbe essere un invito a “rinascere” nonostante le difficoltà. Ma soprattutto in un anno in cui ci siamo sentiti molto più soli e isolati del solito, nel mio piccolo questa Pasqua è una buona occasione per raccontarvi una piccola curiosità, che magari può farci sentire un po’ meno isolati.. E un po’ più vicini.
👉🏼 Da quello che emerge dall’esperimento di uno psicologo statunitense, Milgram, saremmo davvero tutti connessi: qualsiasi abitante della Terra sarebbe collegato a tutti gli altri da una breve catena di conoscenze. Potremmo arrivare a qualsiasi persona del pianeta tramite non più di 6 intermediari. Pensate sia impossibile conoscere il vostro cantante preferito? Secondo la teoria dei “6 gradi di separazione” non è poi così difficile. Da dove nasce questa idea?

Nel 1967 Milgram, nel suo esperimento sociale, selezionò a caso un gruppo di persone, e chiese loro di spedire un pacco a un estraneo che abitava a diverse migliaia di chilometri di distanza. Ognuno dei partecipanti conosceva il nome del destinatario, il lavoro che faceva e la zona dove abitava, ma non l’indirizzo preciso. Così fu chiesto a ciascun partecipante di spedire il pacco a una persona di loro conoscenza e che, secondo loro, aveva più probabilità di conoscere il destinatario finale. Quella persona avrebbe fatto lo stesso e così via, fino a che il pacco non sarebbe arrivato nelle mani del destinatario finale.
Milgram si aspettava che per completare la catena sarebbero serviti almeno un centinaio di intermediari, ma invece i pacchi, per giungere al destinatario, richiesero in media solo tra i 5 e i 7 passaggi. Da qui nacque l’espressione dei “6 gradi di separazione“, che ebbe un eco mediatico molto forte (ne fecero anche un film).
Secondo questa teoria, ogni persona al mondo ne conosce altre 100 (tra amici, parenti e colleghi). Anche se inizialmente fatichiamo a pensare a cento persone che conosciamo, basta dare un’occhiata alla nostra lista di amici di qualsiasi social network. Non solo è possibile, ma è anche piuttosto normale. Se ognuno dei nostri 100 conoscenti è connesso ad altre 100 persone, il numero di persone che potremmo conoscere sale a 10.000… Non conosciamo la maggior parte di queste 10.000 persone, ma basterebbe chiedere ai nostri amici o parenti di presentarcele. E siamo solo al secondo passaggio della catena! Proseguendo nei passaggi successivi, il numero di persone salirebbe sempre di più fino ad arrivare al sesto passaggio, con un numero di possibili conoscenti che supera la popolazione totale del pianeta.
👉🏼 Qualche tempo più tardi, nel 2016, si è voluto riproporre questo esperimento in forma moderna, per vedere se con i social network fossero cambiate in qualche modo le cose. Un rapporto ufficiale di Facebook sui gradi di separazione confermava che «ogni persona al mondo è separata da chiunque altro, in media, da quattro persone». Certo, questo calcolo è valido solo per chi è iscritto a Facebook, però sembra dirci che attraverso i social network la distanza tra le persone si sia ancor più “accorciata”. Perché no, la morale potrebbe essere che siamo davvero tutti connessi da fili invisibili, e quindi siamo tutti “sulla stessa barca”… E in fondo, forse, meno soli.
Buona Pasqua! 🙂
© G.Manoni